Forcella Luigi nasce a Foggia nel 1946. Negli anni ’70 si trasferisce a Termoli (CB) per lavorare nel settore saccarifero, nel tempo libero ha modo di dare linfa alla propria passione artistica nelle sue svariate espressioni, in special modo la pittura, la fotografia e la scultura. Solo nell’anno 2000, con il passaggio alla pensione, Luigi Forcella trova nel “Ready-Made” il catalizzatore che gli consente di far scaturire e realizzare la sintesi massima del proprio linguaggio espressivo: la “scultura” diviene così per l’artista un’opera totemica che si costruisce sull’oggetto trovato, l’atto scultoreo diviene per lui il mezzo prevalente con cui esprimersi. Realizza da qui una serie di opere dove egli manifesta la capacità di cogliere nuove espressioni della bellezza da semi sterili, che, quando vengono raccolti dall’artista, rinascono a una nuova vita. L’artista traspone così nelle sue composizioni in ferro, nelle sue passioni, nelle sue fotografie, un forte senso di libertà. Nei suoi lavori domina l’energia selvaggia dell’ “HOMO FABER”, che sa cogliere il germoglio dell’arte nei pezzi di ferro dismessi , negli scorci dimenticati, nei riflessi naturali, dove la bellezza si nasconde. E’ in questa azione energica che l’artista rivela la propria capacità di rendere visibile l’invisibile; scoprendo la bellezza e riportandola alla luce. Il cammino nella fotografia, invece, si sviluppa attraverso la casualità di intuizioni esclusive, un percorso in cerca di nuove inquadrature che catturano emozioni ad effetto pittorico, una fotografia minimalista ed impressionista, abile a rapportare la realtà così come viene colta nella sua piena semplicità. La figlia Mersia, mentore dell’artista, ha sempre sostenuto con passione e coinvolgimento la realizzazione di tutte le sue opere.
A mio nipote Luigi Martinelli,
che mi ha riempito il cuore di amore
DALLA MATERIA INERTE ALL’ESALTAZIONE DELLO SPIRITO MEDIANTE LA CREAZIONE ARTISTICA
(…) Quando la materia inerte –ferro, stagno, rame, ghisa ,plastica… -giunta allo stadio in cui viene
dichiarata inutile perché ha esaurito il suo potere di funzionalità assegnatale dalla scienza tecnologica,
acquista una dimensione nuova, originale, volta ad allietare lo spirito, a commuovere, a suscitare un
sentimento di ammirazione, a comunicare una sensazione di bellezza estetica, ebbene, dietro questo
miracolo di ricreazione e di rivitalizzazione, dietro questa metamorfosi dell’oggetto inutile che diventa
soggetto, entità morfologica nel mondo dell’arte, ci sono, indubbiamente, l’intuizione, l’intelligenza,
la capacità manipolativa e trasformativa dell’uomo. Entrando nella “bottega” di Luigi Forcella,
incontriamo l’uomo divorato dall’ansia di dare forme concrete a intuizioni che nascono da un contatto
quotidiano con “cianfrusaglie”, raccolte qua e là, nei cimiteri dei ferri vecchi e inservibili all’homo faber
inserito nel circuito attico della produzione, del mercato e dei consumi. L’ abbandono, la polvere,
l’ossidazione del tempo, sono i segni più vistosi dell’oblio e dell’inutilità. Sottrarre una vite, un bullone,
una girandola, un ferro da stiro, una spina elettrica, un pennello ecc., al suo stato di totale abbandono, farne un particolare significante di una composizione a cui si vuole assegnare una connotazione e un valore artistico, sono operazioni ormai consuete a Luigi Forcella, che può essere considerato un artista puro,
nel senso che non si pone ancora una finalità di ordine pratico o velleità di operatore artistico a tempo
pieno. (…) Addentrarsi nel mistero delle forme e dei colori, nell’arcano della luce o nelle nebbie dell’imprevedibile, far sì che l’oggetto assuma una soggettività definita nelle sue peculiarità morfologiche
e somatiche, tali da attivare una reattività emotiva e contemplativa nell’autore e nel fruitore, sono-mi pare-
prerogative che abitualmente si assegnano a chi viaggia lungo i non comuni sentieri dell’elevazione spirituale per cogliere la presenza di sottili e indecifrabili rapporti che legano l’uomo all’essenza delle cose, nobili o umili che siano.
Se nell’arte figurativa assistiamo alla dematerializzazione e, spesso, alla spersonificazione dell’oggetto,
alla sua rappresentazione in forma simbolica, in modo da prestarsi ad una lettura soggettiva, più o meno
coinvolgente , nell’arte scultorea avviene l’esatto contrario: si punta alla personalizzazione della materia,
alla formalizzazione e concretizzazione di un contenuto di pensiero, di una intuizione, di una visione fisica
o metafisica. Ogni realizzazione è una conquista dello spirito, è la sublimazione di uno spazio non più vuoto,
non più sterile, ma vivificato mediante la finalizzazione di una sostanza omogenea o la reificazione simbolica di un principio unificante di elementi disparati e privi di valore. Nell’uno o nell’altro caso l’esito
finale è manifestazione di capacità di espressione tecnica, sensibilità, fantasia e cultura; è comunicazione
di un significato nuovo che si vuole dare alla propria esistenza , al di là delle incombenze e banalità che
caratterizzano il vivere quotidiano.(…)
Antonio Crecchia